Storie di campioni: Giancarlo Antognoni, l’uomo che visse due volte
di Emanuele Petrarca-
Giancarlo Antognoni, o Antonio per gli amici, era più di un semplice centrocampista che dettava i tempi di gioco. Lui era: “il ragazzo che giocava guardando le stelle”.
Questa frase, come si può ben immaginare, era riferita al fatto che il suo stile di gioco palla al piede aveva una semplice e unica costante, ovvero quella di alzare la testa.
Fu anticipatore dei tempi, nonché cultore del pensiero di “centrocampista completo” che concepisce il gioco con uno sguardo rivolto sempre al futuro dell’azione, con il pensiero fisso di anticipare i movimenti di compagni e avversari.
Non è un caso che questo illustre interprete che per tutta la sua carriera ha indossato la maglia della Fiorentina aveva la numero 10, non solo scritta dietro la casacca Viola, ma anche quella della Nazionale Campione del Mondo nel 1982.
Eppure, come sempre succede quando la vita di da un dono, c’era quasi un pegno che bisognava scontare e il suo era quello di un conto aperto con la sfortuna.
Oggi si griderebbe allo scandalo pensando al gol annullato a Giancarlo contro il Brasile nel celebre 3-2 che, a onor del vero, andrebbe recitato come un “Rossi, Rossi, Rossi… Antognoni” se non ci fosse stata la svista arbitrale.
Però, l’unica cosa in grado di fermare Antognoni erano gli infortuni, al Mondiale ‘82 saltò addirittura la finale per infortunio e anche con la Fiorentina patì vari guai fisici.
Ma a quel Mondiale, Giancarlo, nemmeno doveva esserci, considerando che, il 22 novembre 1981 a seguito di un violento scontro con il portiere del Genoa, Martina, il suo cuore smise di battere.
Per un momento “il ragazzo che guardava le stelle” stava effettivamente entrando nella dimensione astrale lasciando il nostro Mondo, ma, ancora una volta, fu Giancarlo a decidere il suo destino e riuscì miracolosamente a riprendersi.
A Firenze è ancora oggi “LA” bandiera, il re indiscusso del club viola e lo sarà per sempre.
Venne lanciato dal barone Nils Liedholm in un Verona-Fiorentina del 1972, al posto di De Sisti. assente in quella partita. Le parole dello svedese furono le seguenti: “Senti ragasso, tu domenica jochi a Verona, manca De Sisti, tu diventerai più forte di De Sisti“. Come biglietto da visita non male per un ragazzo all’esordio, e come al solito la vecchia volpe del barone ci aveva visto giusto.
Di certo, giocatori di questo talento non se ne vedono quasi più: visione di gioco spaziale e senza eguali messa a disposizione di un corpo agile ed elegante caratterizzato non solo dalla grande precisione ma anche da uno stile di tiro molto particolare che prevedeva la massima estensione della gamba che dava un effetto incredibile alla sfera.
Per Firenze, lui è “l’unico 10”, per l’Italia, di certo, uno dei giocatori più geniali che il nostro Paese abbia mai messo alla luce.
