Cara energia: perché i rincari energetici sono da evitare

-di Pierre De Filippo-

A dirlo a chiare lettere è stato il Ministro per la Transizione ecologica, il tecnico Roberto Cingolani, sempre molto chiaro nel dire le cose come stanno: “con gli attuali rincari rischiamo un aumento del 40% della bolletta elettrica, dopo un aumento del 20% nello scorso trimestre”.

Una bomba di quelle che fanno tremare le vene ai polsi, soprattutto per le famiglie italiane che ai propri consumi energetici hanno destinato sempre una quota molto corposa del proprio reddito.

Ma come e, soprattutto, perché si è arrivati a questo aumento? Per due ragioni, essenzialmente. La prima è che, con la ripresa economica, è comprensibilmente aumentata la domanda di energia da parte dei consumatori finali, delle famiglie e ciò ha determinato, come effetto proprio del mercato, un aumento nei prezzi da parte delle aziende.

Niente di strano e niente di nuovo sotto il cielo, verrebbe da dire.

Vi è una seconda motivazione che è, invece, politicamente più delicata: stiamo procedendo speditamente – soprattutto nelle intenzioni e nelle determinazioni legislative – verso un processo di decarbonizzazione dell’economia dell’Unione Europea. Dal Green New Deal al piano Fit for 55, le istituzioni europee hanno investito molto del loro capitale politico, nonché della loro credibilità, in questa operazione la quale – lo avevamo già detto – comporta dei costi molto elevati.

La UE ha deciso di limitare la produzione di CO2, di anidride carbonica, attraverso il sistema degli ETS (Emission Trading Scheme), col quale le aziende energivore “comprano” il loro inquinamento. È il meccanismo per il quale “chi inquina, paga”.

Chiaramente, i loro costi di produzione aumentano e, essendo orientate al profitto, le imprese tendono a farli ricadere sui consumatori finali.

È già intervenuta l’ARERA, l’Agenzia per la regolamenta di Energia, Reti e Ambiente, che trimestralmente sancisce i prezzi fissi ai quali devono essere erogati questi servizi essenziali. L’ARERA deve, però, tener conto dei costi sostenuti dalle imprese ed è per questo che già nel terzo trimestre iniziato a luglio v’è stato questo primo rincaro. Ad ottobre, quando inizierà il quarto, si attende il prossimo.

Cosa fare, dunque?

Il governo, fino ad ora, ha deciso di procedere così: ha preso quanto guadagnato dalla vendita delle ETS – i permessi ad inquinare – pari a circa 1,2 miliardi e li ha restituiti alle imprese, a patto che loro calmierassero i costi delle bollette.

Si farà così anche per il quarto trimestre? Forse.

Certo è che sarebbe più conveniente una soluzione definitiva, anche perché restituire alle aziende quanto tolto per impedirle di inquinare potrebbe risultare, alla fine dei conti, proprio dissuasivo per il processo di decarbonizzazione che si intende raggiungere.

Più saggio sarebbe tagliare tutti quegli oneri di sistema, un gruppo composito di balzelli che, finanziando tutto e il suo contrario, finiscono per essere incomprensibili e ritenuti ingiusti per le imprese costrette a pagarle.

Su un punto conviene essere chiari: la transizione ecologica – è stato già detto – comporterà dei costi altissimi. Perché la strada è lunga ed è lastricata di interessi contrapposti.

In questo caso, benissimo farebbe il Governo a mitigare il costo delle bollette. Non sarebbero soldi sprecati ma il corretto modo di affrontare una transizione.

Le imprese dovranno impegnarsi a convertirsi, e verranno sussidiate; i cittadini dovranno cambiare molte delle loro abitudini ma senza lasciarci l’osso del collo. Lo Stato dovrà fare ciò che gli compete: vigilare, mediare, gestire affinché tutte le parti vadano nella stessa direzione.

Che non è solo quella giusta. È anche l’unica che possiamo permetterci.

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