Cosa bolle nella pentola dei partiti italiani?

-di Pierre De Filippo-

Cosa bolle nel gran pentolone dei partiti italiani?

Tanto e niente allo stesso tempo, verrebbe da dire. Tanto, perché sempre prodighi di dichiarazioni, interventi, analisi, critiche, imbeccate, risposte e controrisposte sono i loro leader; poco, perché è difficile trovare qualche proposta, qualche idea che sia degna di nota, che arricchisca il nostro dibattito pubblico.

È, però, il momento del pit stop, di una sosta ai box per cercare di capire a che punto è la notte, seguendo un ordine rigorosamente decrescente sulla base degli ultimi sondaggi.

La Lega figura sempre al primo posto ma con un vantaggio che si è andata, via via, assottigliando nel corso del tempo. In quel di Via Bellerio, il partito pare meno monolitico del solito; certo, Salvini continua a tenere il piede in due staffe, a fare contemporaneamente maggioranza – intestandosi i meriti per le riaperture – e opposizione ma un po’ tutti sanno che, finché Giancarlo Giorgetti siederà alla destra di Draghi, la Lega sarà convintamente all’interno dell’Esecutivo.

Sul fronte della leadership, le continue rassicurazioni di Luca Zaia, che ha giurato che mai dirà #MatteoStaiSereno, devono essere – per il segretario del Carroccio – il primo segnale di attenzione.

Fratelli d’Italia continua la sua ascesa. Oggi è secondo partito ad un punto e mezzo dalla Lega e continua a crescere, godendo dell’invidiabile status di unica vera forza di opposizione al Governo: della serie “chiunque dovesse essere scontento per qualcosa venga da noi”.

Tra il partito della Meloni ed i cugini leghisti si è poi consumato un vero e proprio derby: la presidenza del COPASIR – il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – spetta solitamente all’opposizione; con l’avvento del Conte bis, era stato chiamato il leghista Volpi a dirigerne i lavori, che non si era dimesso – e non voleva farlo – a seguito della nascita del governo Draghi. Dopo un tira e molla estenuante, alla fine Volpi s’è dimesso. Potrebbe succedergli Adolfo Urso, di FdI, ma la nomina non è scontata.

Sul Partito democratico si potrebbe scrivere un poema: è – questo va detto con onestà – dai tempi di Matteo Renzi leader indiscusso di Largo Nazareno che il partito pare aver perso una sua rotta, una sua strada; anche l’enfatico arrivo di Enrico Letta è stato molto gattopardesco: il PD era un partito che seguiva il M5S nelle sue mille peripezie e fiaccato dalle tante, troppe correnti interne e, oggi, a distanza di due mesi, è esattamente la stessa cosa.

Che ne sarà di questo interessante esperimento nato da Walter Veltroni? Chissà.

Segue a ruota il Movimento5Stelle, che ha divorziato con Rousseau e la Casaleggio associati e i piatti ancora volano, così come gli strali. Conte leader è sì, un segreto di Pulcinella, ma, al tempo stesso, un aspettando Godot. Le due anime del Movimento sono ancora ben contrapposte: da una parte gli istituzionalisti (Di Maio, Fico, la Taverna, chi l’avrebbe mai detto…) – l’anima più democristiana, flessibile, adattabile ad ogni circostanza-, dall’altra i rivoluzionari, Di Battista in testa, che continua a propinarci racconti di complotti, conflitti d’interesse e poteri forti.

Al centro lui, Giuseppe, per il quale entrambe le fazioni fanno il tifo senza, però, quella definitiva convinzione di incoronarlo. Il tempo stringe: il M5S deve scegliere che strada vuole percorrere.

Su Forza Italia c’è poco da dire, molto dipenderà dalle sorti del suo fondatore e lidér maximo; Silvio Berlusconi non sta bene e Dio solo sa se davvero le sue condizioni sono gravi e preoccupanti o se vuole evitarsi ore e ore di udienze, tribunali e magistrati.

Sta di fatto che, senza di lui, il partito non esiste; o meglio, potrebbe, ma con difficoltà non sarebbe una polveriera: da che parte andare? Verso la destra sovranista e euroscettica, che sarebbe un po’ rinnegare sé stessi? E, se no, dove? Verso il mondo moderato di centro?

È questa la vera partita che si gioca dentro Forza Italia.

Un pensierino anche ai partiti più piccoli va fatto.

Azione continua ad essere la sesta forza del Paese ma con risultati ancora troppo bassi e, soprattutto, altalenanti; paga l’assenza di una classe dirigente e l’idea che sì, Calenda può anche essere bravino, ma che arroganza!

Italia Viva è, ormai, l’ombra di sé stessa; il simulacro di un partito. Renzi s’è giocato tutte le sue fiches e pare procedere verso un dolce declino. Stratega di primissimo livello, ha pagato l’essere nato in Italia, dove la politica la fa Mastella…

+Europa è quello che è sempre stato: un cerbero, un minotauro, un mostro con più teste e più vesti. Dentro il partito hanno convissuto e convivono più anime: quella radicale – che è parte della cultura politica italiana – e quella democristiana (chi l’avrebbe mai detto).

Un partito che – ma questa è una mia personalissima opinione – non ha più molto da offrire.

Il mondo della Sinistra è come è sempre stato: spaccato, diviso, frammento. Il Ministro Speranza, che ne rappresenta la faccia più tenue e bonaria, sta portando avanti il suo lavoro contro la pandemia; Fratoianni – più marxista-leninista-maoista e via discorrendo – pontifica ancora sulla lotta di classe.

Dunque, cosa bolle in pentola? Dipende. Alle volte un minestrone, altre un bollito, altre uno stracotto. Ordiniamo una pizza?

Pierre De Filippo Pierre De Filippo

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