Rula Jebreal diserta Propaganda Live, il caso
-Sette ospiti, solo una donna. Come mai? Con rammarico devo declinare l’invito…” -di Clelia Pistillo
Lo scorso venerdì la giornalista Rula Jebreal, invitata ad unirsi al programma televisivo Propaganda Live per dire la sua in ordine a quanto sta accadendo tra Israele e Palestina, a poche ore dall’inizio della trasmissione ha rinunciato alla partecipazione. “Sette ospiti, solo una donna. Come mai? Con rammarico devo declinare l’invito, come scelta professionale non partecipo a nessun evento che non implementa la parità e l’inclusione”.
A giudicare dalle immediate reazioni sui social sembrerebbe che la maggioranza delle persone abbia preso le difese del conduttore Diego Bianchi e che numerosi siano stati i messaggi di odio rivolti alla Jebreal. Come spesso accade quando si denunciano verità scomode, mentre qualcuno indica la luna tutti gli altri guardano il dito.
Ora, al netto delle personali simpatie o antipatie per gli attori della vicenda, il punto è che la Jebreal ha sollevato un problema realmente esistente. La giornalista ha infatti sottolineato di non avere nulla in particolare contro Propaganda Live ma, di aver voluto mettere in evidenza una criticità che in generale riguarda tutte le trasmissioni televisive italiane in cui la presenza femminile è molto scarsa. Nel 2020 la pagina facebook “Le donne contano” ha pubblicato un sondaggio che evidenziava chiaramente come la partecipazione femminile nei programmi televisivi italiani fosse bassissima: il 32% contro il 68%.
Nessun’accusa pretestuosa da parte della giornalista, semplicemente i numeri a parlare. Non è un caso che negli ultimi anni sia comparso il neologismo “manels”, che deriva dall’ inglese All-men panels, a definire gli eventi in cui predomina la presenza maschile e nei quali la partecipazione femminile é del tutto marginale. La sottorappresentazione delle donne esiste ma non è percepita come un problema. Lo ha dimostrato Diego Bianchi mettendosi sulla difensiva e spendendo otto lunghi minuti per sostenere che la giornalista evidentemente non conosce il programma da lui condotto di cui ne ha poi elencato gli innumerevoli pregi. Chiudendosi a riccio ha dato prova di come persino la trasmissione più inclusiva si rifiuti di affrontare questo problema.
Quando parliamo di disuguaglianze di genere è solo il mondo femminile ad occuparsene e neppure in modo compatto perché il pregiudizio è radicato nell’immaginario sia femminile che maschile a tal punto che, paradossalmente, anche agli occhi delle donne l’elemento di disturbo risulta essere sempre colei che denuncia una certa mentalità. Non a caso anche in questa circostanza molte donne hanno preso le difese di Diego Bianchi, come se ci fosse bisogno di creare delle partigianerie.
Questo atteggiamento è parte del problema, ovvero la dimostrazione di come sia necessario agire sul piano culturale.
Il gesto della Jebreal avrebbe potuto essere uno spunto per fare autocritica, per “dimostrare di essere progressisti anche nei fatti e non solo a parole”. Ed invece il noto conduttore, con un certo imbarazzo, ha pronunciato una frase che ha lasciato tutti molto perplessi: “Noi gli ospiti li chiamiamo in base alla competenza e non in base al sesso“, affermando implicitamente che gli uomini siano statisticamente più competenti delle donne. Insomma ha finito per peggiorare tutto.
Sembra che si voglia continuare su questo antico canovaccio che vede gli uomini fare squadra nella conduzione della trasmissione televisiva mentre lo spazio per le donne è sempre concesso gentilmente, ma senza abbondare. Un cameratismo maschile che in modo del tutto trasversale coinvolge uomini di ogni orientamento politico.
Secondo la Jebreal è un problema di democrazia e di pluralismo. Ed infatti anche la storia ci insegna che già agli albori della nostra democrazia le partigiane ebbero da combattere il doppio rispetto agli uomini: oppresse dal patriarcato dei fascisti e dal virilismo dei compagni che non le reputavano delle vere combattenti.
Bisognerebbe avere il coraggio di dire che la disparità di genere non ha mai avuto e non ha colore politico: è un problema che riguarda tutti gli uomini (e purtroppo moltissime donne) con l’ unica differenza che l’essere tacciati di maschilismo a destra non costituisce neppure un problema, a sinistra rappresenta un motivo di offesa.
É molto importante non generalizzare, riconoscendo il merito di molti uomini nell’aver intrapreso una battaglia quotidiana contro il patriarcato ma purtroppo (e qui il gap numerico è maschile) sono ancora troppo pochi.
È importante che la lotta per la parità di genere venga condotta da tutti in modo compatto. Così come fecero le partigiane, è ora che gli uomini imbraccino le armi (della cultura e dell’educazione) e dimostrino di saper combattere al fianco delle donne, in quella che è una battaglia di civiltà.
Doppia cantonata per la trasmissione. Nelle stesse ore il musicista Roberto Angelini in un post strappalacrime, accantonando ogni briciola di dignità, ha raccontato di essere stato multato di 15.000 euro a causa del tradimento di un’amica, definita “pazza e incattivita dalla vita” (a proposito di sessismo), che lo avrebbe denunciato per aver fatto lavorare in nero lei ed altri colleghi. Poi si è scoperto che la GDF l’aveva pizzicata mentre faceva delle consegne e lei ha giustamente raccontato la verità. Un fatto gravissimo, e come se non bastasse chi è stata attaccata? L’ingrata lavoratrice contro la quale il musicista ha aizzato i suoi fans.
Due fatti molto gravi quello del lavoro nero e quello della gogna mediatica riservato alla donna.
Le reazioni alla notizia della Jebreal da parte della stampa sono state piuttosto variegate. I giornali orientati a destra hanno affermato che si sia trattato di un corto circuito tutto di sinistra per cui, in nome di questo ormai celebre politicamente corretto, si fa a gara tra chi è più puro dell’altro, dimostrando di non aver minimamente compreso il punto della questione. Ma è lapalissiano che non l’abbiano capito neppure a sinistra.
Sembra piuttosto evidente che chiunque provi a parlare di disparità di genere sollevi inevitabilmente un polverone perché questo argomento infastidisce l’orecchio sensibile del maschio italiano come il ronzio di una zanzara, o è il caso di dire…come la voce di una donna.
Fotografia : Fabrizioferri, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
