Visibilità ed esibizionismo: il caso mediatico di Beppe Grillo, difensore del figlio
-di Stella Di Candido-
Di recente le più importanti reti nazionali e i vari social media hanno trattato il video shock di Beppe Grillo, pubblicato con lo scopo di difendere suo figlio e i suoi amici dalle accuse di stupro mosse da una giovane studentessa svedese durante l’estate del 2019, presso la residenza privata del politico in Costa Smeralda.
Facciamo un passo indietro. Prove e indizi ci riportano alla notte tra il 15 e il 16 luglio del 2019. Otto giorni dopo una giovane studentessa italo-svedese, S.J., di appena 19 anni, denuncia una violenza di gruppo, avvenuta nella villa in Costa Smeralda di proprietà di Grillo. In questa vicenda sono coinvolti quattro ragazzi della Genova bene, tra cui Ciro Grillo.
Le gravi accuse a carico dei ragazzi sono state formalizzate dalla Procura di Tempio Pausania, con valide prove a sostegno della denuncia della giovane ragazza. La magistratura tuttora sta indagando su quella che è stata la realtà dei fatti di quella notte ma continue sono le richieste di incarcerazione e i rinvii a giudizio dei ragazzi coinvolti, che sin dall’inizio del processo si sono dichiarati innocenti davanti alla Corte Suprema.
Nel primo pomeriggio di lunedì 19 aprile, alle ore 14 circa, Beppe Grillo, leader del movimento 5 stelle, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook, un video a difesa del figlio Ciro, accusato di stupro.
Sin da subito l’impatto mediatico è stato molto forte, basti pensare che il post in questione ha ottenuto circa 10.000 condivisioni e 32.000 commenti, il che fa riflettere molto sulla potenza dei social media e delle loro conseguenze. Viviamo in un’epoca in cui tutto ciò che affrontiamo è intermediato dai mass media ed è per questo che bisogna tener conto dei limiti e dei rischi che si corrono quando decidiamo di esporre il nostro pensiero sulle nuove piattaforme digitali. Ciò che al momento suscita maggior scalpore e che ha portato il caso di Ciro Grillo al centro di molte inchieste giornalistiche e servizi televisivi è proprio la “performance” del personaggio politico, che compare tra le prove del processo. Un video duramente criticato anche all’interno del Movimento stesso.
A detta di molti, le parole e i toni utilizzati da Grillo denotano un senso di irresponsabilità sia per il ruolo che egli ricopre nel panorama politico italiano, sia per la poca fiducia riposta nelle indagini della magistratura italiana. Infatti, molte voci della politica, come quella di Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva condannano la decisione della famiglia Grillo nel condurre telematicamente questo tipo di vicende, molto personali e dolorose. A sostenere la sua idea sono tanti altri personaggi pubblici come l’ex premier Giuseppe Conte, il quale ha ribadito: Comprendo le preoccupazioni e l’angoscia di un padre, ma non possiamo trascurare che in questa vicenda ci sono anche altre persone, che vanno protette e i cui sentimenti vanno assolutamente rispettati, vale a dire la giovane ragazza direttamente coinvolta nella vicenda e i suoi familiari che sicuramente staranno vivendo anche loro momenti di dolore e sofferenza. Conte ha poi concluso il suo intervento sottolineando l’importanza e l’autonomia della magistratura, a cui spetterà poi il giudizio finale sull’accaduto.
D’altra parte, ci sono tanti altri che sostengono il forte ma necessario intervento di Grillo, definendo quelli che spesso sono i limiti della giustizia italiana: lentezza dei processi e verdetti inconcludenti. Si parla, in relazione al caso Grillo di un vero e proprio scandalo televisivo, perché un leader politico, già noto ai media per i suoi atteggiamenti provocatori, ha utilizzato ancora una volta la sua immagine e la sua influenza per scopi personali e non conformi al lavoro investigativo che la magistratura sta conducendo dal 2019, anno in cui si è verificato l’accaduto.
Attualmente viviamo un momento storico molto particolare e delicato in cui questi episodi di violenza sono frequenti. Ciò che indigna è l’atteggiamento del politico Grillo, poco sensibile e altamente criticabile nei confronti di coloro che hanno vissuto esperienze simili. Incoraggiare o fomentare l’odio verso coloro che svolgono il loro lavoro nei limiti del potere giudiziario non è il modo giusto per sostenere il proprio pensiero e la propria innocenza o quella degli altri.
Visibilità e Esibizionismo, sono le parole chiave dell’orientamento del leader Grillo; ad essere condannato non è il suo “sfogo” da padre preoccupato e angosciato, anche se ad essere discutibili sono le modalità, ma l’atteggiamento offensivo e aggressivo nel sostenere la sua versione dei fatti.
Questo ci conduce ad un’importante riflessione: quanto i media possano essere utilizzati per far valere il nostro diritto di parola? Fino a che punto ci si può spingere per difendere i propri interessi e realizzare i propri scopi? Ci si augura quindi che in un futuro prossimo, queste vicende siano trattate solo ed esclusivamente nelle sedi competenti, le preposte aule di tribunale, lontane dai riflettori dei mezzi di comunicazione.
“Beppe Grillo” by Liwax is licensed under CC BY-NC 2.0
