Una poco nota leggenda salernitana d’epoca longobarda
E’ questa, forse, una leggenda poco conosciuta, come poco noto e raramente menzionato è il protagonista di questa storia che, ancora una volta, intreccia la pura invenzione narrativa con vicende realmente accadute: il Principe longobardo Gisulfo I. Principe di Salerno per ben 34 anni, dal 943 al 977 d.C., figlio di Guaimario II e di Gaitelgrima, così lo descrive lo storico salernitano Vincenzo De Simone: “…..seppe abilmente districarsi nelle relazioni tra papato, impero germanico e bizantini, riuscendo a garantire al suo principato un lungo periodo di pace e prosperità”.

Un giorno, all’interno del Castello d’Aquino si scatenò improvvisamente, guidata da un certo Adenolfo, una furiosa ribellione contro il Principe Landolfo di Capua il quale, non sapendo più come frenarla, si rivolse a Gisulfo chiedendo il suo aiuto. Quest’ultimo, alla guida di un possente esercito, si unì a quello del Principe di Capua, nel tentativo di sedare la ribellione. Purtroppo l’intervento non andò a buon fine.


Nel frattempo un soldato salernitano di nome Sichelmanno, falegname di Acerno, un piccolo paesino dei monti Picentini, grazie all’intercessione di un medico legato alla famosa Scuola Medica, nonché filosofo dal nome Pietro (successivamente Vescovo della città -PietroVI- alla metà del X secolo) e amico del principe Gisulfo, giunse al cospetto del valoroso Principe proponendogli una macchina bellica, detta petriera, capace di capovolgere l’esito della battaglia. Si trattava di una ingegnosa arma d’assedio che utilizzava la pietra (ben sagomata) come proiettile dunque una sorta di trabucco (grande fionda con un lungo braccio imperniato in cima ad un palo ben saldato a terra). Gisulfo apprezzò molto il consiglio dell’umile falegname e gli ordinò di realizzarne una di grandi dimensioni. Con essa la rivolta in breve capitolò costringendo lo stesso Adenolfo a implorare venia al principe di Salerno che accettò di buon grado, così come fece anche il principe di Capua. Il Principato di Gisulfo I vide un fatto storico di particolare importanza: la traslazione del corpo di San Matteo (Patrono di Salerno) dal Cilento al Capoluogo, correva l’anno 955. Le sacre spoglie vennero seppellite all’interno dell’aula Sanctae Dei Genitricis, Cattedrale, in quel periodo, della città di Salerno, l’attuale Duomo sarebbe stato realizzato e inaugurato 129 anni dopo. Del Principe longobardo inoltre ricordiamo la produzione delle prime monete tarì, erano d’oro e coniate a Salerno su imitazione delle monete dell’Emiro Al Moez.

