E’ morto Raffaele Cutolo, ” ‘o professore” dai quattro ergastoli in regime 41 bis
-di Claudia Izzo-
E’ morto ieri a 79 anni, nel reparto sanitario detentivo del carcere di Parma per complicazioni di polmonite bilaterale , il boss per eccellenza, il fondatore e capo della NCO, Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, arrestato nel 1979 in un casolare ad Albanella.
A lui Fabrizio De Andrè dedica il celebre brano “Don Raffaè”, diviene poi il protagonista del film del 1986 “Il camorrista” di Giuseppe Tornatore, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Marrazzo.
50 anni di camorra, dal 1995 al regime di carcere duro, una vita di commistioni con il mondo della politica, dell’economia, dei Servizi Segreti, delle Brigate Rosse, per non diventare mai un collaboratore di giustizia. E’ durante l’intervista rilasciata ad Enzo Biagi nel 1986 che il boss di Ottaviano affermò – la camorra è una scelta di vita, un partito, un ideale. La mafia vera, la vera camorra sta a Roma... –
La Nuova Camorra Organizzata.
Così ‘o professore, come lo appellarono i detenuti in carcere essendo l’unico a saper leggere e scrivere, con la sua licenza elementare, garzone presso artigiani locali, cresciuto ad Ottaviano con un padre mezzadro e madre lavandaia, con il fratello Pasquale e la sorella Rosetta, scala le vette della illegalità e della camorra divenendo il creatore di una organizzazione piramidale e paramilitare con tanto di rituale di iniziazione, la Nuova Camorra Organizzata, appunto, basata sul culto della sua persona per questo chiamato egli stesso dai suoi affiliati “Vangelo”. Sotto di lui si aprono i diversi ruoli, il picciotto, il camorrista, lo sgarrista, il capozona, il santista.
Il riscatto sociale.
Da Maria Capece Minutolo, vedova del principe Lancellotti di Lauro, il boss di Ottaviano acquista il Castello Mediceo, 365 stanze, proprio quello in cui i suoi genitori avevano lavorato come guardiani. Il riscatto sociale è compiuto, il potere si manifesta anche e soprattutto attraverso il possesso di beni immobili. Il castello viene acquistato da Cutolo per la somma di 270 milioni di lire, ma nel 1991 sarà confiscato e dato in proprietà al comune di Ottaviano.
Mandante di tanti omicidi.
I primi affiliati sono proprio i detenuti di cui Raffaele Cutolo conosce esigenze e aspettative, i giovani, la “manovalanza cutoliana” viene reclutata nelle fila del sottoproletariato. E’ Cutolo che commissiona, tra i tanti, l’omicidio del sindaco di Pagani, l’avvocato Marcello Torre, reo di aver bloccato l’assegnazione di un appalto per la rimozione delle macerie ad un’impresa collegata alla NCO.
Cutolo risulterebbe essere anche il mandante dell’ omicidio del vicequestore Antonio Ammaturo che arrestò Roberto Cutolo, il figlio del boss. L’omicidio, avvenuto nel luglio dell”82 in piazza Nicola Amore, fu un favore ottenuto dal boss da parte delle BR.
E Cutolo è il mandante anche dell’omicidio del vicedirettore e responsabile del reparto di massima sicurezza del carcere di Poggioreale, Giuseppe Salvia, che si scontrò direttamente con lui. Al rientro da un’udienza nel 1980, il boss di Ottaviano non volle essere perquisito come invece era prescritto dal regolamento. Gli agenti penitenziari temevano ripercussioni e quindi fu lo stesso Salvia a perquisirlo. Morirà nel 1981 in un agguato sulla tangenziale di Napoli, allo svincolo dell’Arenella.
La vita camorristica.
Tutto inizia ad Ottaviano, Cutolo ha 22 anni ed è in auto con la sorella Rosetta a cui vengono rivolti apprezzamenti da un giovane. Segue la rissa alla fine della quale Cutolo uccide il giovane. Cutolo verrà condannato all’ergastolo, pena ridotta in appello a 24 anni di reclusione iniziati a scontare a Poggioreale dove inizierà a guadagnare rispetto e stima da parte dei detenuti. Ha carisma, diviene popolare, tutti chiedono la sua protezione. Nel 1970 viene scarcerato per decorrenza dei termini. Riconfermata la condanna divenne latitante fino al suo arresto e ritorno a Poggioreale. E’ nel 1977 che viene riconosciuta la sua infermità mentale dalla Corte di Appello con ricovero disposto infine presso l’ospedale psichiatrico di Aversa da cui evade nel 1978 con l’esplosione delle mura grazie ad una carica di nitroglicerina.
Di qui la latitanza sotto il nome di Prisco Califano, la penetrazione della Nuova Camorra Organizzata negli ambienti dell’economia campana, riuscendo a sfruttare i fondi CEE destinati ai produttori di conserve. Crea legami con la nascente Banda della Magliana con cui cerca strategie compatibile per obiettivi comuni, con la malavita pugliese, con la ‘ndrangheta, con le bande lombarde di Renato Vallanzasca e di Francis Turatello per il commercio della cocaina. Nel 1979 verrà arrestato in un casolare vicino Salerno, ad Albanella.
Dal carcere sarà l’ intermediario dei Servizi Segreti italiani nel caso Moro, proprio grazie alla Banda della Magliana, riuscirà a trovare il nascondiglio usato dalle BR; e in seguito riuscirà a salvare la vita all’assessore regionale DC, il napoletano Ciro Cirillo, responsabile amministrativo della ricostruzione post sismica, rapito dalla “colonna napoletana” delle Brigate Rosse, attraverso trattive con esponenti del mondo del Sisde e del Sismi.
Il terremoto del 1980.
Raffaele Cutolo ha attraversato, tra scie interminabili di sangue, 50 anni della storia del nostro Paese rendendosene un perverso protagonista. Il terremoto del 1980 sarà uno di quegli avvenimenti che, colpendo l’Irpinia e parte del Meridione, aprirà nuovi scenari al boss di Ottaviano; l’obiettivo diventano i 50mila miliardi di lire stanziati per la ricostruzione dal momento che, nella gestione degli aiuti, grande discrezionalità viene conferita alle amministrazioni locali. Per questo motivo a Poggioreale vi sarà una resa dei conti che porterà a 3 morti e 8 feriti. In carcere Cutolo riceve politici e personaggi di spicco prima di essere trasferito nel carcere di Ascoli Piceno dove in una camera elegantemente arredata gestisce la sua organizzazione in piena tranquillità.
Le rivalità tra clan.
Ma il potere di Cutolo distrugge gli equilibri, disturba le famiglie della vecchia camorra campana dei Giuliano di Forcella, degli Zaza, mentre nasce la Nuova Famiglia. La lotta tra le fazioni diventa una mattanza: 295 morti nel 1981, 273 nel 1982, 290 nel 1983. Interviene persino Totò Riina per Cosa Nostra, ma Cutolo non ne vuol sapere, la guerra continua ed anche le carceri sono costrette ad organizzarsi suddividendo le sezioni; quella per i cutoliane quella per gli affiliati alla Nuova famiglia.
La fine.
Sarà il Presidente Sandro Pertini a chiedere ed ottenere il trasferimento de ‘o professore presso il carcere dell’Asinara, riaperto esplicitamente per lui, unico carcerato, lontano dai suoi affiliati. Cutolo è improvvisamente solo. Il colpo inferto all’organizzazione criminale è magistrale, lontani dal loro “Vangelo”, gli affiliati cominciano a pentirsi ed a “cantare”.
E’ il momento delle rivelazioni e delle soffiate che condurranno al 17 giugno 1983, “il venerdì nero della camorra“, giorno in cui vi furono più di 856 mandati di custodia cautelare in tutta Italia dal criminale Renato Vallanzasca, al presidente dell’Avellino Calcio Antonio Sibilia, per citarne alcuni.
La vita privata.
Dalla relazione con Filomena Liguori nacquero Roberto, ucciso in Lombardia e Denise. Durante la latitanza, da una relazione con la tunisina Lidarsa Brahim Radhia avrà una bambina, Yosra. Dalla moglie Immacolata Jacone sposata dal cappellaio del carcere dell’Asinara, avrà una figlia con inseminazione artificiale.
Muore così il mandante di migliaia di morti, colui che non chiese mai perdono a nessuno, l’uomo che saccheggiò le risorse post terremoto, il camorrista che negoziò con lo Stato.
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