8 Gennaio 1899: nasce La Domenica del Corriere

-di Giuseppe Esposito-

Chi di coloro che hanno superato la cortina degli anta non ha mai sfogliato una copia de “La Domenica del Corriere”, il settimanale dalla copertina illustrata da Walter Molino e prima ancora, da Achille Beltrame? Copertina che sapeva comunicarti il senso dell’avvenimento illustrato più e in modo migliore di qualsiasi fotografia. Ebbene, il primo numero apparve in edicola il giorno 8 gennaio 1899, allo spirare cioè del XIX secolo, sotto forma di supplemento gratuito per gli abbonati e acquistabile in edicola al prezzo di 10 centesimi a copia per tutti gli altri. Era stampato in grande formato ed aveva la prima e la quarta di copertina illustrate, all’epoca dal disegnatore, allora sconosciuto, Achille Beltrame che conserverà l’incarico fino al 1945, anno della sua morte. Gli succederà poi Walter Molino fino alla cessazione del giornale.

Era un settimanale fortemente voluto da Luigi Albertini, che era allora il Direttore amministrativo del Corriere della Sera e che ne diventerà poi direttore dal 1914 fino all’anno della sua morte, nel 1941. Quel supplemento era stato pensato, non per essere un giornale di informazione, funzione questa espletata dal Corriere, ma per essere il “settimanale degli italiani” destinato a trattare della vita di tutti i giorni, degli eventi lieti e delle grandi tragedie, dei piccoli fatti e di tutto quanto improntava ed aveva effetti sulla vita quotidiana.

La copertina di quel primo numero era stata dedicata ad una terribile tempesta di neve che aveva investito l’Albania, un paese balcanico minuscolo e di nessun importanza politica, ma del cui sovrano, il nostro principe ereditario, Vittorio Emanuele di Savoia, aveva sposato la figlia, Elena di Montenegro.

Quelle copertine firmate prima da Beltrame e poi da Molino ci appaiono ancora oggi memorabili e ancora ci trasmettono le stesse emozioni che ai lettori di un tempo. Si respira nell’osservarle il sapore dell’epoca e come poche altre cose ci fanno serpeggiare dentro una lieve e dolce malinconia. Esse furono, senza tema di smentita, uno dei fattori che contribuirono maggiormente al successo del giornale. Si pensi che negli anni Venti e Trenta il settimanale si attestò su una tiratura media di 650.000 copie. Era l’organo diffuso sia tra la borghesia colta che tra la maggior parte della popolazione alfabetizzata.

Sul settimanale scrissero anche le maggiori firme del Corriere, da Luigi Barzini ad Indro Montanelli. Quest’ultimo fu il primo direttore del secondo dopoguerra e restò alla guida della rivista fino al 1946, sostituito poi da Egidio Possenti, critico letterario rimasto alla direzione fino al 1964. Il suo più stretto collaboratore o come era definito, il direttore ombra, fu lo scrittore milanese Dino Buzzati  autore del celebre “Il deserto dei tartari”.

La massima diffusione del giornale fu raggiunta nel corso degli anni Cinquanta e fino ai primi sessanta con una media di 950.000 copie vendute  e punte fino a 1.300.000. Nel corso degli anni Settanta la nascita di altri settimanali quali Europeo, Panorama e L’Espresso provocarono, come era naturale una inesorabile, perdita di quote di mercato. Infine nel 1989 il gruppo Rizzoli – Corriere della Sera decise di porre fine alla pubblicazione.

Tuttavia La Domenica del Corriere rimane nella storia del giornalismo italiano come un fenomeno ineguagliato per la qualità e lo stile del giornale.

Le vecchie copie con le eccezionali copertine di Beltrame e di Molino sono ancora oggi molto ricercate dagli appassionati sia nei mercatini dell’antiquariato che, oggi anche su Internet.

Dal gennaio del 2016 ha preso il via il progetto di digitalizzazione sia delle copie della Domenica del Corriere che del Corriere dei Piccoli, altra icona delle riviste storiche su cui non pochi ragazzi di un tempo, fra i quali anche il sottoscritto, impararono a leggere per seguire le  storie del Signor Bonaventura illustrate dal mitico Sergio Tofano. Il personaggio, un uomo alto e sottile, vagamente stralunato, vestito con giacca e cappello rossi e pantaloni bianchi, che, accompagnato immancabilmente da un cane bassotto, viveva avventure che lo portavano immancabilmente a ricevere alla fine una ricompensa per l’astronomica cifra di un milione. Le sue storie cominciavano sempre in questo modo:

Qui comincia la sventure

Del signor Bonaventura…

Altri tempi, altre storie, altra Italia, di cui oggi è inevitabile avere nostalgia in un’Italia in cui ancora esistevano dei valori ed in cui si riusciva anche ad essere felici nonostante la povertà del tempo.

 

Giuseppe Esposito

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