Una casa costruita dal tetto

-di Giuseppe Fernicola-

Buona norma quando si costruisce una casa è, ovviamente,  fare un progetto e poi partire dalle fondamenta per arrivare al tetto.

Una modalità elementare.

A nessuno verrebbe in testa di costruire senza un progetto e partire dal tetto;  non reggerebbe e  la casa crollerebbe senza speranza. A nessuno verrebbe in testa di procedere in maniera così approssimativa.

A nessuno tranne che ai politici del nostro bel Paese che, all’insegna dell’assunto che la politica è l’arte del possibile, non finiscono di stupirci nel tentativo, inconsapevole o colpevole, di allargare il concetto prendendo decisioni all’insegna dell’impossibile.

Di esempi potremmo farne tanti ma possiamo limitarci all’esempio più recente ed eclatante: il bonus rubinetti per il risparmio dell’acqua.

Il tema è dei più delicati ed urgenti perché l’acqua non è una risorsa illimitata ed è facile prevedere che, se non si agisce presto, i nipoti dei nostri nipoti si ritroveranno, anche nelle grandi città, a riproporre le scene già vissute in molti dei nostri paesi del sud: con erogazione a tempo, un paio d’ore al giorno per fare scorta.

Quindi che si faccia qualcosa per prevenire la catastrofe è cosa buona ma partire dai rubinetti risparmiatori è cosa stupida come lo sarebbe costruire una casa partendo dal tetto perché quello che si risparmierebbe sarebbe un centesimo dell’acqua che si spreca dispersa a causa di una rete idrica vecchia, piena di buchi, senza manutenzione.

Noi perdiamo circa la metà di tutta l’acqua che circola nei 500 mila km della nostra rete nazionale con uno spreco che in un anno è vicino ai 3,45 miliardi di metri cubi. Se si pensa che i nostri maggiori laghi, quello del Garda, il lago Maggiore, e quelli di Como e d’Iseo messi insieme hanno una capacità d’invaso di poco più di 1 miliardo di metri cubi complessivi, forse si capisce meglio quale ricchezza disperdiamo per assenza di un progetto, per incuria, per incapacità di individuare le priorità.

Ed il problema, ampiamente trattato da tempo in sedi autorevoli sia per la sua dimensione che per le cause che lo hanno generato, è noto, basta leggere la sintesi di uno studio dell’Istat:  Nella maggior parte delle città italiane l’infrastruttura idrica è soggetta a un forte invecchiamento e deterioramento. In parte, le dispersioni sono fisiologiche e legate all’estensione della rete in parte sono derivanti da criticità di vario ordine: rotture nelle condotte, vetustà degli impianti, consumi non autorizzati, prelievi abusivi dalla rete, errori di misura dei contatori.

Ma non conosciamo solo le cause che  già basterebbero per approntare un progetto, conosciamo anche, comune per comune, dove l’acqua si disperde ed in che misura, grazie ad un puntuale studio di Openpolis sempre su dati Istat con tanto di percentuali di perdite rispetto all’acqua erogata.

In Campania, ad esempio, andiamo in ordine decrescente dal 91,34% di dispersione di Rocca d’Evandro in provincia di Caserta al 5% di Laureana Cilento ed in mezzo una nutrita pattuglia che perde per strada oltre il 50 % dell’acqua: Ceraso (51,3%), Padula (52,33), Flumeri (52,37), Amalfi (52,50), Giffoni V.P. (52,4), Castelcivita  e Mercato San Severino (60%), Bracigliano, Fisciano e Sala Consilina (70%), Senerchia, Nocera Inferiore (80%), Rofrano (90%), solo per citare alcuni paesi e solo della provincia di Salerno ma ben 150 comuni su 550 in Campania hanno una dispersione idrica accertata superiore al 60%.

Sono cifre davvero rilevanti che in una condizione di normale attenzione politica al bene comune richiederebbero interventi organici e strutturati, con piani ad ampio respiro ed investimenti adeguati ed invece finanziamo i rubinetti risparmiatori.

Senza tener conto di come anche l’acqua da pubblica sia diventata territorio di potere e speculazione mafiosa come dice uno studio del Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato: …Con la costituzione dello Stato unitario non c’è stata in Italia una politica di pubblicizzazione e regolamentazione delle acque e in Sicilia, in particolare nelle campagne palermitane, si è imposta la pratica del controllo privato esercitato da guardiani, i “fontanieri”, stipendiati dagli utenti. I guardiani erano nella maggioranza legati alla mafia, così pure i “giardinieri”, cioè gli affittuari e gli intermediari…In media ogni anno piovono in Sicilia 7 miliardi di metri cubi d’acqua, quasi il triplo del fabbisogno calcolato in 2 miliardi e 482 milioni di metri cubi, eppure la Sicilia soffre la sete, e in alcune zone, per esempio nelle province di Agrigento, Caltanissetta, ed Enna, è emergenza permanente…Questo non è solo il frutto del controllo mafioso sull’acqua ma più in generale di una politica delle opere pubbliche all’insegna dello spreco e del clientelismo. L’opera pubblica, a prescindere dai miglioramenti che può arrecare alle condizioni di vita della popolazione di un determinato territorio, viene utilizzata come occasione di speculazione e di accaparramento del denaro pubblico.

E per avere un’idea più chiara di come, anche in presenza di progetti, pur parziali ma comunque presentati, valutati ed approvati, i tempi della burocrazia rischiano di renderli solo parzialmente efficaci, segnaliamo il caso del Fondo di garanzia per il potenziamento delle infrastrutture idriche, previsto dal collegato ambientale del 2015 che dopo anni di attese, nel 2019 è stato approvato definitivamente con DCPM del presidente Conte.

E stiamo parlando solo di un fondo di garanzia, non di un Piano nazionale nel settore idrico che nei documenti ufficiali si definisce di “prossima adozione” eppure, leggete come lo promuove il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: l’intesa raggiunta oggi – scrive il Mit – è un esempio di grande responsabilità da parte di tutti i livelli di governo del territorio, dai Comuni alle Regioni, dalle Province alle amministrazioni dello Stato, nel dare una prima risposta a un problema concreto che riguarda l’acqua, la più importante risorsa naturale di cui oggi disponiamo.

Se si condivide l’affermazione delle Nazioni Unite che “L’acqua sostiene la vita, ma l’acqua potabile pulita e sicura definisce la civiltà”, cosa dobbiamo pensare, di essere un paese incivile?

Disegno a cura di Sergio Del Vecchio

Giuseppe Fernicola

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