Storie di campioni: Alfredo Di Stefano, la Saeta Rubia

 

Non arrabbiatevi e non sorprendetevi troppo se alla domanda tra chi è il calciatore più forte della storia del calcio tra Maradona, Pelè e Cruyiff, qualche nostalgico decida di rispondere con il nome di “Alfredo Di Stefano”.

C’è un punto cieco nella storia di questo sport che divide la storia e gli albori del movimento calcistico e la modernità e a far da raccordo a queste due epoche così differenti sono proprio i calciatori d’un tempo, non vissuti ma spiegati, raccontati come se fossero mitici eroi di una storia fantastica.

Questa storia ha due luoghi: l’Argentina, luogo di nascita di Di Stefano, e la Spagna, precisamente Madrid. Lo chiamavano, già dai tempi del River Plate, la Saeta Rubia perché in poche parole non avevano mai visto una cosa del genere su un campo da calcio.

Non poteva un ragazzino appena vent’enne essere così padrone delle sue azioni e sapere esattamente cosa fare e quando farlo. Uno così, deve per forza arrivare in Europa e la scelta doveva ricadere sul Barcellona o il Real Madrid.

Di Stefano scelse la seconda, dando vita ad una storia d’amore infinita. Si può azzardare di poter dire che Di Stefano arrivò al Real Madrid prima che esso fosse effettivamente “IL REAL” e che contribuì alla costruzione della società più vincente e potente della storia di questo sport.

Negli anni ’50, le prime edizioni della Coppa dei Campioni erano solo di giurisdizione dei Madrileni che non perdevano praticamente mai grazie ai suoi fenomeni, sempre comandati dalla “Saeta” che segnava a profusione e dispensava giocate che anticipavano di 50 anni i tempi del calcio.

Vinse di tutto in carriera ma, paradossalmente, non giocò mai i Mondiali per una serie di vicissitudini che non contano nulla riguardo il merito sportivo e forse è anche per questo che resta un alone di mistero sulla figura del bomber.

Un pezzo unico dell’antologia calcistica; un calciatore che in tanti hanno collocato come il migliore di sempre, persino Bearzot che era letteralmente innamorato di questo giocatore per la caratteristica di non avere un “raggio d’azione”, ma essere estremamente mobile e capace di incidere sull’economia di un match in ogni zona di campo.

Un fuoriclasse dall’immenso talento, sicuramente un genio del gioco che univa velocità e potenza, dinamismo e pragmatismo, il tutto possibile grazie ad un bagaglio tecnico senza eguali e una visione di gioco innovativa.

Impossibile parlare di chi sia meglio di chi, ma l’importante è che questa domanda non venga fatta ad un tifoso del Real Madrid perché, in quel caso, non ci sarebbero dubbi nel dire che Di Stefano è stato “el mas grande”.

 

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Emanuale Petrarca

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