Carceri in rivolta per il Covid-19, s’invoca l’indulto
Istituti penitenziari in rivolta. Possibili soluzioni- a cura dell’avv. Irene La Mendola-
Con le misure di distanziamento sociale, oltre ai progressi se pur lenti nella lotta al Coronavirus, emerge un dato positivo: i reati sono diminuiti del 75%. Tuttavia, nelle carceri italiane da sempre sovraffollate, rimane impossibile praticare il distanziamento sociale e tutelare il diritto di tutti alla salute, perchè rispetto ad una capienza di 50.000 posti, sono recluse oltre 61.000 persone.
Dai primi giorni di Marzo i detenuti di decine di penitenziari in tutta Italia hanno protestato in quanto esposti più degli altri al contagio, che in questi ambienti potrebbe dilagare senza controllo.
Un detenuto del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere è risultato positivo al tampone per Coronavirus e la notte del 5 Aprile è scattata la protesta tra i compagni di sventura che avrebbero reagito minacciando di gettare olio bollente a chiunque si fosse avvicinato.All’esterno, spiegamento di forze dell’ordine in tenuta antisommossa e un elicottero a sorvolare fino alla mezzanotte circa, al termine del tumulto.
E lunedì 6 Aprile, dopo la rivolta, gli agenti di polizia penitenziaria hanno effettuato una perquisizione straordinaria rinvenendo spranghe ricavate dalle reti metalliche dei letti, altri oggetti metallici non autorizzati, olio e bacinelle per farlo bollire. Anche nell’istituto correttivo di Secondigliano la tensione è palpabile. Nella notte di domenica 5 Aprile, appena circolata la notizia (poi rivelatasi una fake) di un detenuto con sintomi in fase di accertamento, gli altri reclusi nei reparti Nilo e Tevere hanno manifestato terrore e ribellione battendo sulle sbarre delle celle con oggetti metallici, esponendo poi lenzuola bianche con le scritte: “Entrato il covid-19 nel carcere aiutateci” e ancora: “siamo qui per pagare ma non con la vita”.
I familiari dei detenuti si sono raggruppati all’esterno per protestare, creando assembramenti non consentiti.
Tramite Ansa, il dirigente generale dell’amministrazione penitenziaria in Campania Antonio Fullone ha assicurato che sono state adottate tutte le misure interne precauzionali a tutela delle persone detenute e di tutto il personale.
La stessa domenica sera, si sono verificati episodi di “battitura” contro le inferriate anche nel penitenziario di Ariano Irpino. Ricordiamo anche gesti di grande solidarietà e umanità da parte di queste persone, nonostante la paura. I detenuti del reparto Volturno nel Carcere di Santa Maria Capua Vetere hanno raccolto la somma di 2.500 Euro per donarla alla Protezione Civile. Stessa iniziativa nelle casa circondariale di Catania, dove i detenuti hanno raccolto circa 1.000 Euro.
Papa Francesco si è pronunciato sul tema, opponendosi con forza alla cultura dell’indifferenza e al negazionismo: “in epoca di pandemia dove c’è sovraffollamento si rischia che finisca in una calamità grave” ha dichiarato durante la Messa di Santa Marta di lunedì 6 Aprile e ha invitato i fedeli a pregare per coloro che decidono, affinchè possano adottare soluzioni più creative per coloro che non possono proteggersi dal contagio, rimasti isolati e senza il conforto delle famiglie.
Numerosi giuristi di spicco si sono pronunciati sull’emergenza Coronavirus nelle carceri, in un momento di rischio straordinario, proponendo l’amnistia o l’indulto per ridurre le presenze in cella, per tutti coloro che devono scontare ancora pene residuali inferiori a due anni.Vediamone brevemente le differenze.
L’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna, ne fa cessare l’esecuzione e le pene accessorie.
L’indulto è una causa di estinzione in tutto o in parte della pena, non del reato. Questo particolare istituto non può essere applicato ai delitti più gravi e investe solo la pena principale (non quelle accessorie) che può anche essere commutata in altra pena.
Sia l’amnistia che l’indulto vengono concessi dal Parlamento ed è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere.Chiarito questo, sembrerebbe più opportuno applicare l’indulto come strumento con cui lo Stato non dimentica il reato commesso, ma chiude un occhio (pur con i limiti sopra richiamati) liberando i detenuti, perchè non ha sufficienti strutture per ospitarli.
Tuttavia l’indulto che preesiste al Covid-19 e prescinde da esso non può essere applicato come soluzione al rischio di contagio in situazioni di emergenza sanitaria: basti riflettere sugli effetti di un eventuale condono di pena che continuerebbero a prodursi senza ragione anche dopo l’emergenza, con gravi ripercussioni in tema di certezza del diritto e di disparità di trattamento. La Costituzione garantisce il diritto alla salute per tutti, anche per coloro che vivono negli istituti penitenziari; ma visto che in carcere, da nord a sud, si vive senza spazio vitale e senza poter rispettare le attuali distanze di sicurezza interpersonali, la soluzione da adottare potrebbe essere la detenzione domiciliare temporanea, ma con obbligo di braccialetto elettronico e rientro in carcere al termine dell’emergenza.
Inoltre, per tutelare chi resta in cella, sarebbe importante monitorare il contagio con tamponi per tutti, o almeno con termo scanner e dispositivi di protezione.
In tempi di emergenza epidemiologica, una soluzione per essere definita buona deve essere anzitutto tempestiva e idonea a contrastare il contagio, ma senza giungere al paradosso che l’emergenza sanitaria possa diventare il pretesto per ottenere un bonus sulla sanzione, tale da produrre effetti anche quando l’epidemia sarà stata finalmente sconfitta.
(Qui non c’è più decoro, le carceri d’oro ma chi le ha mai viste chissà … F. De Andrè)