La Riforma della Prescrizione tra criticità e proteste

In discussione lo scorso 6 Febbraio il Lodo Conte, per modificare la criticata  riforma della prescrizione.- Avv. Irene La Mendola-

La nuova prescrizione è stata fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle nell’intento di ridurre il numero di processi penali che vengono chiusi in appello o in cassazione solo per il passare del tempo, senza che siano stati davvero accertati fatti e responsabilità, garantendo l’impunità agli autori e negando giustizia alle vittime.

Tanti sono i procedimenti penali celebri archiviati per prescrizione, con il vecchio meccanismo: il caso Licio Gelli per reati fiscali, i casi Mills e Palenzona per il reato di corruzione, il caso Cassiopea per i reati di disastro ambientale e discariche abusive, il caso Geronzi per false dichiarazioni alla Banca d’Italia, compresi i casi di frode sportiva per doping nel mondo del calcio.

In vigore dal 01.01.2020 la riforma spazza-prescrizione, è destinata ad incidere sul 25% dei procedimenti penali che si chiudono ogni anno in grado d’appello (circa 165.000). Ma già è stata bocciata su più fronti.

Ma per capire cosa sta accadendo nel panorama politico, è necessario comprendere prima che cos’è la prescrizione.

Da un punto di vista tecnico, la prescrizione è una causa di estinzione del reato che si verifica quando sia trascorso un determinato periodo di tempo – variabile a seconda del tipo di reato – senza che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna.

In altri termini è il tempo a disposizione per celebrare l’intero processo (primo grado, appello e cassazione), trascorso il quale il reato si estingue.

Il concetto di prescrizione esprime il disinteresse dello Stato a punire una condotta non più attuale. Il così detto “tempo dell’oblio” che, tuttavia, non si manifesta mai in relazione ad alcuni reati particolarmente gravi e odiosi, che sono imprescrittibili. Inoltre, è posta anche a tutela dell’imputato, vista la difficoltà di reperire prove a discolpa a distanza di tempo, con ripercussioni negative sull’esercizio del diritto di difesa (si pensi, ad esempio, alla efficacia della prova testimoniale a seguito dell’affievolirsi dei ricordi).

Ma vediamo in cosa consiste la nuova prescrizione della riforma Bonafede, funestata da aspre critiche.

Innanzi tutto, la nuova disciplina riguarderà soltanto i reati commessi a partire dal 01.01.2020, trattandosi di quadro normativo più gravoso e, pertanto, meno favorevole al reo.

Leggiamo nel testo di riforma – che ha modificato il codice penale – che il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado (ovvero del decreto di condanna) fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio (nella maggior parte dei casi, dopo aver esaurito tutti i gradi di giudizio).

Quindi, dopo la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna, l’orologio si ferma fino alla data in cui diviene esecutiva la sentenza che definisce il giudizio.

In altre parole, se per un determinato reato il tempo di prescrizione (salvo altre canoniche ipotesi di atti interruttivi) è di 6 anni, in caso di sentenza di primo grado pronunciata prima dell’ultimo giorno del sesto anno, la prescrizione non potrà più essere dichiarata, come in passato, durante il giudizio di appello secondo il normale trascorrere del tempo, ma il tempo verrà bloccato e troverà il suo capolinea nella sentenza finale (più precisamente “fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio”).

A fronte di tale mutamento, sono sorte innumerevoli contestazioni, soprattutto da parte degli esperti in materia (Unione Camere Penali e mondo universitario), prevedendo l’allungamento dei processi in Appello e in Cassazione perché, se la scure della prescrizione è stata eliminata, la conseguenza è che non si hanno più limiti alla durata del processo.

Nel recente vertice del 06/02/2020 si è raggiunto un possibile accordo sul lodo Conte che prevede il blocco della prescrizione solo per i condannati in primo grado (e non per gli assolti), per i quali la prescrizione torna a decorrere se assolti in appello, anche retroattivamente.

Ferma l’opposizione di Italia Viva di Renzi, sembrano allinearsi Movimento 5 stelle, LeU e PD. Insomma, per alcuni la nuova prescrizione è una garanzia di punibilità, per altri rivela goffaggine e assenza di lungimiranza.

Non mancano, quindi, sospetti di incostituzionalità con riferimento alla ragionevole durata del processo, consacrato nell’art. 111, co. 2 Costituzione e nell’art. 6 Cedu (Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), ispirato ai criteri di efficienza ed efficacia della giustizia; il rischio è anche la violazione del principio della presunzione di innocenza, del diritto di difesa e della finalità rieducativa della pena.

Questa riforma, allo stato attuale, appare come una coperta troppo corta: se da un lato mira a garantire l’accertamento dei reati, dall’altro non è consapevole di generare incredibili lungaggini, di fatto impedendo tale accertamento.

Sono passati ormai 55 anni dalla morte di Francesco Carnelutti, uno dei più autorevoli giuristi italiani e ricordiamo il suo pensiero, ispirato alle confessioni di Sant’Agostino: “il processo è esso stesso una sanzione”.

 

 

 

Irene La Mendola

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