In fiamme l’Australia

Strage di koala e canguri-di Vincenzo Iommazzo-

È sempre più grave l’allarme incendi nel sud-est dell’Australia. Negli Stati del Nuovo Galles del Sud e del Victoria è stato dichiarato lo stato di emergenza davanti ad alcuni dei più pericolosi e catastrofici incendi che il continente abbia mai registrato. Da settembre più di duemila abitazioni sono andate in fumo e solo nel Nuovo Galles del Sud sono stati bruciati finora più di 4 milioni di ettari, pari al doppio della Lombardia. Si lamentano 26 vite umane perdute e secondo stime dell’Università di Sydney, sono morti circa 480 milioni di mammiferi, uccelli, rettili e altri animali.

Anche l’infinito orizzonte blu di alberi di eucalipto delle Blue Mountains,  Patrimonio dell’Umanità (nel 2002 già danneggiate da un incendio che è arrivato a lambire la città di Sydney), si è acceso di inquietanti bagliori grigio-rossastri per fumo e incendi che solo a novembre e dicembre hanno bruciato il 50% delle stupende riserve naturali.

Il WWF stima che siano circa 8.000 i koala dispersi nelle fiamme, gravissima perdita, dato che in tutta la regione i koala erano solo circa 28.000. La maggior parte di questi marsupiali simbolo della costa orientale australiana, infatti, vive all’interno del “Triangolo dei Koala”, territorio in cui la specie a rischio potrebbe estinguersi in appena 30 anni. Non basta: il timore è che intere specie vegetali e animali endemiche dell’Australia possano sparire per sempre. Anche l’Isola dei Canguri, l’ambita meta turistica di fronte alla baia di Adelaide, ricca di aree protette che danno rifugio ad animali come canguri, aquile, opossum, koala, ornitorinchi, leoni marini, pinguini, tra stalattiti e spettacolari formazioni rocciose sulla costa, ha dovuto essere evacuata per l’emergenza incendi: uno scrigno di natura divorato dalle fiamme che nessuno potrà più vedere.

Intanto arriva un nuovo aggiornamento della apocalittica situazione. Secondo le ultime stime del WWF Australia in collaborazione con l’Università di Sydney, infatti, oltre un miliardo di animali potrebbero essere stati uccisi direttamente o indirettamente dagli incendi che hanno bruciato 8,4 milioni di ettari in tutta l’Australia, una superficie equivalente all’intera Austria.

“Il WWF-Australia è molto addolorato per la perdita di vite umane e per le comunità che hanno perso la casa e i propri averi nella tragedia degli incendi che sta attanagliando il Paese –ha dichiarato il CEO del WWF Australia, Dermot O’Gorman. Molte aree forestali impiegheranno decenni per riprendersi e alcune specie potrebbero arrivare sull’orlo dell’estinzione. Fino a quando i roghi non si placheranno, l’entità dei danni reali rimarrà ancora incerta. Non possiamo sottacere, però, che la scienza ci sta avvertendo già da un decennio del fatto che gli effetti dei cambiamenti climatici diventano sempre più gravi. Siamo davanti a fenomeni devastanti, aggravati notevolmente dal riscaldamento globale”.

Ma a chi o a che cosa si possono attribuire le cause degli incendi che, non dimentichiamo, nel biennio precedente hanno funestato altre ampie aree del pianeta, come l’Amazzonia, l’Indonesia, l’Artico, il Brasile, il Venezuela, la Siria e in parte anche l’Italia?

“Prime tra tutte, la siccità e le temperature bollenti, causate dal riscaldamento globale, che hanno trasformato le foreste in prede facilmente divorabili dalle fiamme”. A spiegarlo è Isabella Pratesi, direttore del programma di Conservazione del WWF Italia, che in questi giorni si trova in Tasmania. Proprio lì, a più di 400 chilometri dalle coste australiane, nei giorni scorsi il cielo è coperto di fumo. “Gran parte della Tasmania è stata avvolta dal fumo degli incendi della costa orientale dell’Australia. La portata della devastazione è enorme e il vento ne porta testimonianza fino in Nuova Zelanda”.

C’è un nesso tra i cambiamenti climatici e i grandi incendi che si stanno registrando in giro per il mondo? Come ha spiegato nel maggio scorso un approfondimento del World Economic Forum, il riscaldamento globale sta rendendo più diffuse e facili le condizioni che permettono alle fiamme di divampare in grandi aree geografiche. Un po’ quello che succede anche con gli uragani. Per esempio, un pianeta sempre più caldo avrà periodi di siccità sempre più lunghi, su aree sempre più vaste. Questo significa che il suolo e le piante, private dell’acqua, saranno più predisposte a prendere fuoco. Le ondate anomale di caldo registrate perfino nell’Artico sono tra le cause dei roghi tra Siberia e Alaska.

Discorso analogo vale per il nostro Mar Mediterraneo. Uno studio pubblicato a ottobre 2018 su Nature ha mostrato che il riscaldamento causato dall’essere umano aumenterà l’area bruciata dagli incendi nell’Europa mediterranea. In sostanza, una Terra più calda significa anche una Terra con un maggiore rischio incendi. E questo legame innescherà un circolo vizioso, in cui i roghi, aumentando con le fiamme le emissioni nell’atmosfera, faciliteranno il conseguente aumento delle temperature.

Il WWF mette in guardia da campagne di disinformazione tendenti a porre in secondo piano il ruolo dei cambiamenti climatici e a drammatizzare invece quello di incendiari e piromani, per minimizzare l’effetto delle condizioni anomale in cui gli incendi si sviluppano a seguito di ondate di calore prolungate e temperature record. Il rischio è procrastinare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e decisioni su politiche serie e mirate di tutela ambientale.

“Anche in Italia queste notizie hanno trovato spazio. Il fine delle campagne di disinformazione è quello di sopire la preoccupazione per il ripetersi e l’esacerbarsi dei fenomeni estremi e coprire le responsabilità. Così non si va da nessuna parte -ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia-. Eppure, l’evidenza dei fenomeni dovrebbe indurre i Paesi e le forze economiche e sociali di ciascun Paese a coalizzarsi per attuare al più presto politiche incisive di decarbonizzazione.  L’unico vero estremismo, autolesionista, è quello di chi cerca di difendere i combustibili fossili invece di difendere la sicurezza e la vita delle persone e la sopravvivenza delle specie animali e vegetali come le conosciamo. Serve impegno forte e urgente dei governi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e per farlo si devono azzerare le emissioni di CO2 ben prima del 2050”.

Fotigrafie a cura del WWF.

Vincenzo Iommazzo

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