Combattere lo spreco alimentare

Rapporto ISPRA 2017 -di Vincenzo Iommazzo-

In Italia, come nel resto del mondo, lo spreco alimentare è stato per lungo tempo sottostimato, poco indagato e ancor meno documentato. Negli ultimi anni, però, sta guadagnando attenzione, anche per via della crisi economica e del cambiamento globale incluso quello climatico, considerato come uno dei principali problemi ambientali e socio-economici che l’umanità si trova a dover affrontare.

Nel mondo, secondo la FAO, è sprecato un terzo della massa dei prodotti alimentari, pari a 1,6 miliardi di tonnellate, per un valore di circa 700 miliardi di euro. Secondo altre ricerche solo il 43% dell’equivalente calorico dei prodotti coltivati a scopo alimentare a livello globale viene consumato dall’uomo. Il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali” presentato dall’Ispra al Ministero dell’Ambiente, evidenzia che in Italia ogni giorno si perdono 960 chilocalorie pro capite, superiori alla media mondiale di 660. I costi economici e ambientali per il nostro Paese negli otto anni tra il 2007 e il 2015 ammontano a 16 miliardi di euro (143 miliardi per l’Europa).A ben riflettere, non viene sprecato solo cibo, ma anche risorse economiche e umane, acqua, fertilizzanti, suolo, combustibili fossili e fonti energetiche di ogni tipo.
Per non parlare della produzione delle associate emissioni di gas-serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2), pari a oltre il 7% delle emissioni totali. Se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e USA nella classifica degli Stati emettitori.

Come si vede, si tratta di numeri impressionanti che hanno spinto l’ONU a inserire tra le priorità per lo sviluppo sostenibile il dimezzamento (in energia alimentare pro capite) entro il 2030 degli sprechi globali in vendita al dettaglio e consumo e la riduzione di perdite in produzione e fornitura. L’Italia brilla per aver approvata, tra i pochi Paesi UE, una delle prime leggi (la n°. 166/2016 promossa dalla deputata Maria Chiara Gadda) per contrastare il fenomeno. Un provvedimento che punta a favorire l’uso consapevole delle risorse e il recupero di prodotti ancora utilizzabili da parte delle associazioni di volontariato, sburocratizzando le procedure per la raccolta e la donazione non solo di cibo ma anche di farmaci, così contribuendo a ridurre la produzione di rifiuti, a promuoverne il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti.

Il rapporto ISPRA calcola che la riduzione dello spreco alimentare a scala globale contribuirebbe in maniera decisiva a tagliare le emissioni di gas serra e a raggiungere gli obiettivi di breve e lungo termine dell’Accordo di Parigi, limitando alcuni degli impatti del cambiamento climatico, tra cui gli eventi estremi come le alluvioni, i prolungati periodi di siccità e l’innalzamento del livello del mare.
Per quello che riguarda la nostra provincia, va detto che in Campania la Fondazione Banco Alimentare con sede a Fisciano, da anni raccoglie le eccedenze alimentari redistribuendole alle Strutture Caritative convenzionate che assistono persone in stato di bisogno.
Cosa fare per arginare lo spreco alimentare? Risponde Lorenzo Ciccarese, coautore dello studio dell’Ispra presentato a Roma: “Le cause degli sprechi sono molteplici e si annidano in tutte le fasi della filiera. A cominciare dalla semina e dalla raccolta, alla trasformazione, distribuzione e consumo. Tra queste le cattive abitudini dei consumatori che spesso scelgono non sulla base di informazione o delle proprie esigenze ma di bisogni indotti. Anche le soluzioni sono molteplici e vanno integrate l’una con l’altra. C’è bisogno di fare rete tra i diversi soggetti che intervengono nel processo dal produttore al consumatore. Per il cittadino le buone pratiche sono quelle che privilegiano il cibo sano proveniente da filiera corta, da piccole realtà contadine, varietà locali, specie stagionali. E’ necessario accrescere la consapevolezza delle proprie necessità, tenendo presente che le scelte che si fanno nella spesa quotidiana incidono anche sull’economia dei singoli agricoltori e sulla biodiversità e qualità della vita dei territori”.

Il cibo sprecato è cibo rubato ai poveri, ricorda Papa Francesco che teme il rischio del contagio alle persone della cultura dello scarto delle risorse alimentari. In altri termini dobbiamo sentirci tutti impegnati in una battaglia culturale che porti la nostra società a considerare beni preziosi tutti quelli, materiali ed umani, che la natura ci mette a disposizione.

 

Vincenzo Iommazzo

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