Limitare la caccia per gli incendi e la siccità
ISPRA e ambientalisti scrivono alle Regione
Questa terribile estate 2017, caratterizzata da temperature molto elevate, incendi e siccità, ha trovato pronto l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA – nel pubblicare tempestivamente i dati meteoclimatici di riferimento, descrittivi di una situazione decisamente critica per molti ecosistemi.
Tale situazione, aggravata in diverse aree del Paese dalla drammatica espansione del numero degli incendi e della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente), comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna ed espone ad effetti decisamente negativi la dinamica di ripopolamento di molte specie, nel breve e medio periodo.
Contrariamente a quanto avviene in altri contesti geografici ed ecologici, dove gli incendi si possono considerare un elemento naturale e fisiologico, nella regione mediterranea essi rappresentano un importante fattore di modificazione dell’ambiente. Producono alterazione della vegetazione, ovvero degli habitat cui sono legate le diverse specie, modifiche del microclima attraverso l’alterazione della quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo come conseguenza della riduzione (fino alla distruzione) della copertura vegetale, innalzamento dell’escursione termica per periodi anche prolungati, aumento della ventosità, modificazione del tasso medio di umidità nell’aria e nel suolo, ecc.
In sostanza, il fuoco può rappresentare non solo un fattore limitante per la riproduzione delle popolazioni floro-faunistiche nel periodo estivo, ma può anche condizionare negativamente la dinamica delle stesse popolazioni negli anni seguenti.
Nello specifico, richiamando quanto previsto dalle leggi vigenti, ISPRA consiglia di adottare misure di sospensione o limitazione per le attività di addestramento ed allenamento dei cani da caccia (dati gli scarsi punti di abbeverata rimasti), per la caccia da appostamento, la caccia agli uccelli acquatici, la caccia alle specie stanziali e quella nelle aree colpite da incendi.
A rafforzamento di tali autorevoli raccomandazioni, le principali associazioni ambientaliste italiane tra cui Enpa, Lac, Lav e Lipu hanno ripetutamente richiesto alla Regione Campania di posticipare l’apertura della caccia e, comunque, di fornire risposte adeguate alla drammatica situazione della fauna e degli ecosistemi naturali.
In una nota Pasquale Raia, responsabile Aree Protette Legambiente Campania denuncia, però, di non aver ricevuto nessuna risposta e lamenta che “nella regione più ambientalista d’Italia, le ragioni della caccia prevalgono su quelle dei cittadini, dell’ambiente e della conservazione della biodiversità”.
Anche Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia, afferma di non aver ricevuto risposta dalle Regioni a cui aveva scritto agli inizi del mese di agosto e considera che quanto prescrive l’Istituto del ministero è “davvero il minimo che le Regioni debbano fare per garantire quel ‘nucleo di salvaguardia’ della fauna selvatica tante volte richiamato anche dalla Corte Costituzionale per rispettare le norme europee ed internazionali”.
In pratica, la Giunta regionale campana non ha preso in considerazione il posticipo almeno di un mese della stagione venatoria, regolarmente aperta sabato 2 settembre.
Ma allora, siamo davvero la regione più ambientalista d’Italia?
Vincenzo Iommazzo
